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Justus

Tanto tempo fa, in un paesino di là dai monti, in terra di Germania, viveva un bambino di nome Justus Liebig.

Justus era figlio di un droghiere e il magazzino del padre era il suo rifugio preferito: trascorreva ore e ore dietro alle casse accatastate, tra lacche, solventi, vernici, petardi, armeggiando fino a quando non si sentiva un botto che faceva tremare i vetri e venir giù tutte le scatole. Per una curiosa coincidenza, ciò accadeva sempre quando il negozio era pieno di clienti.

-Justus! – gridava il padre, cercandolo nella nebbia; ma Justus, dritto, era già scappato in strada.

A scuola studiava tutte le materie con grande curiosità, ma ad accendere la miccia del suo entusiasmo erano soprattutto le ore di chimica.

Un giorno, durante un’esercitazione di laboratorio, poggiò le mani sulle fiale come fossero i tasti di un pianoforte e cominciò a suonare, a suonare e a suonare fino a quando, tra gli sguardi increduli dei compagni, quelle note colorate non esplosero tutte insieme in un boato che avvolse l’aula, la scuola, il quartiere…

 

Justus aveva fatto un altro passo avanti nelle sue scoperte, ma questo non evitò che il preside lo cacciasse dai ruderi fumanti della scuola.

-Justus! – Quel giorno lo chiamò il padre. – Viani qua! LO dico per il tuo bene: cambiare aria ti gioverà; andrai a stare da tuo zio farmacista che vive in città… Ascolta! Fai sempre un passo alla volta e guarda dove metti i piedi…

Ma Justus, dritto, era già scappato in strada, senza versare una lacrima, senza voltarsi indietro.

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