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Pallapugno. Cento anni di sfide Tricolori è un successo

Hai scritto diversi libri sulla Pallapugno, quest’ultimo segue il filone dei precedenti o hai affrontato argomenti diversi?

Cento anni di sfide Tricolori è un libro molto diverso dai precedenti dove ho raccontato il percorso tecnico e agonistico del gioco e dei suoi campioni. In questa mia ultima fatica storico-sportiva ho voluto narrare come il gioco abbia rappresentato prima l’identità della nobiltà rinascimentale, poi di come sia stato icona di una civiltà, quella contadina del Piemonte meridionale e della Liguria di Ponente, quindi non solo uno sport ma un movimento che ha influenzato ed è stato influenzato sia da aspetti sociali sia culturali nelle varie epoche che ha attraversato.

In particolare ci puoi dire quali argomenti ai trattato?

Dopo i capitoli in cui descrivo l’etnografia del gioco, la gloria e la decadenza del bracciale piemontese e toscano, la passione per la scommessa da parte dei giocatori e del pubblico, mi soffermo sulla pallapugno pratica nelle comunità italiane all’estero a fine Ottocento, nelle quali il gioco rappresentava il legame con la terra d’origine; ho evidenziato la passione del clero verso la pallapugno, la narrazione sia di scrittori, da De Amicis a Fenoglio sino a giungere ad Alessandro Baricco, sia di una ricca testimonianza iconografica opera di illustri pittori che hanno trovato nella suggestione del gioco fonte d’ispirazione. Infine i contributi dei giocatori di bracciale all’Unità d’Italia e di quelli della Pallapugno durante la Prima Guerra Mondiale, sino a giungere al periodo fascista. Il libro dà inoltre spazio al movimento femminile della pallapugno che pur tra mille difficoltà è riuscito a far emergere una realtà nuova per la sferistica.

Quali sono le fonti che ti hanno permesso di affrontare questo percorso storico che hai accennato?

Il libro si basa su dati e notizie reperibili in trent’anni di ricerca dove ho consultato tutti i giornali pubblicati in Piemonte e i

 

n Liguria dal 1840 ad oggi, documenti rinvenuti in archivi di Stato e storici comunali, biblioteche nazionali a partire dal 1400. Il testo quindi attraverso una citazione precisa delle fonti e della loro reperibilità spero possa essere utilizzato anche da appassionati come me di storia sportiva o studenti universitari per eventuali tesi di laurea, che possono ulteriormente approfondire le vicende del gioco, oltre a dare un valore oggettivo al libro.

Nello sfogliare il libro mi ha colpito il numero rilevante di foto che accompagnano la narrazione, alcune delle quali penso siano rarissime.

Il libro presenta una ricchissima iconografia sia di luoghi storici in cui si giocava rappresentati da piazze, vie, sferisteri, sia di giocatori di inizio Novecento dei quali si conoscevano le gesta ma non la fisionomia. Naturalmente anche questo aspetto relativo alle foto presenti nel libro di giocatori del passato è stato possibile grazie a una lunghissima ricerca che mi ha portato a molteplici viaggi in varie città per incontrare parenti, figli, o pronipoti nella speranza che avessero ancora immagini relative a questi campioni; per quanto concerne le foto dei luoghi in cui si praticava la pallapugno, le ho reperite girovagando nei vari mercatini dove operano i collezionisti di cartoline oppure nei giornali o riviste d’epoca. Posso anche affermare che le numerose fotografie presenti nel testo diventano un ulteriore piacevole motivo di lettura. A che pubblico si rivolge Cento Anni di sfide tricolori? L’opera non è solo dedicata agli appassionati della disciplina ma si spinge anche verso lettori diversi nei quali è vivo l’interesse per la storia in tutti i suoi risvolti e alla comprensione di ambiti culturali influenzati dal movimento sportivo il quale origina sistemi comunicativi e comportamentali, valori, simboli, linguaggi corporei che divengono nel tempo patrimonio comune della gente nel quotidiano.

Oltre alla passione per lo sport della pallapugno quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a queste lunghe e faticose ricerche storico-sportive?

Una delle mie passione, oltre allo sport, è viaggiare, conoscere nuovi luoghi, nuove mentalità e culture. La ricerca storica- sportiva mi ha permesso di fare questo, di navigare attraverso varie epoche, comprendere stili di vita, di pensiero, diversissimi dal nostro modo di essere attuale, in altri casi di constatare come sia cambiato poco nelle differenti epoche e mi riferisco ai sentimenti i quali da sempre agiscono da veri motori nel spingere le azioni degli esseri umani prendendo sovente il sopravvento sulla ragione. Ma da questa mia ricerca la lezione che che ho appreso è che di fronte a nuovi modi di pensare, a valori completamente diversi da quelli a cui siamo abituati non bisogna arroccarsi dietro a dinieghi preconcetti perché il flusso del tempo procede inarrestabile, annullando le certezze di ieri e proponendo continui cambiamenti che diverranno usuali per i posteri.

Per concludere pensi di scrivere ancora sulla pallapugno, e se si quale progetto hai?

Il mio sogno nel cassetto è quello di riuscire a dare alle stampe il mio vastissimo archivio sulle notizie che ho reperito in tutti questi anni, riportate solo in minima parte nei miei libri, corredate dalle numerose testimonianze fotografiche in mio possesso, molto delle quali inedite. Sarebbe una bella testimonia da lasciare ai posteri per fare comprendere cosa ha rappresentato il gioco della pallapugno nel passato.

 

Intervista di Giovanni Smorgon  tratta da “L’Ancora” del 28 maggio 2023